Credo importante per gli educatori, insegnanti, allenatori…. iniziare a pensare all’imprevisto come un elemento fondamentale nella crescita degli allievi. Programmi didattici e metodologie che non prevedono l’imprevisto, non creano situazioni di crescita in quanto lontani dalle situazioni reali di gioco, di sport e di relazione, ma anche di vita. Quindi nei suoi programmi di lavoro l’educatore deve considerare l’imprevisto come strumento di formazione.
Il primo passaggio può essere quello di imparare a controllare l’ansia davanti all’imprevisto. Insegnare questo ai nostri allievi presuppone che prima noi educatori sappiamo cosa è l’ansia e ci siamo entrati in contatto; quindi periodicamente domandarsi come reagisco di fronte agli imprevisti che si creano nei momenti di verifica e nell’unità didattica stessa: Sono in grado di programmare delle difficoltà non previste nel mio allenamento? Quando le cose escono dalla mia programmazione vado in panico o lo trovo un momento formativo? Gli imprevisti sono esigenti e richiedono alcune condizioni assolutamente necessarie affinché si sviluppino e nello stesso tempo favoriscano un processo di crescita: un ascolto attento, concentrato e molto presente, un ascolto fatto molto spesso di silenzi in cui l’educatore è capace di trattenersi, di non anticipare, di fermarsi per permettere agli allievi di sperimentare e di tentare di agire. Tale comportamento dell’educatore permette agli allievi di crearsi una competenza all’ascolto, una competenza a valutare e sperimentare. Questa scelta presuppone chiaramente una possibilità per l’allievo di sbagliare e di tentare di nuovo nell’affrontare la novità….. quello che conta non è solo il risultato, ma soprattutto l’atteggiamento che l’allievo tiene in relazione all’inatteso. Una metodologia di lavoro che prevede l’imprevisto è metaforicamente un po’ come se questo cammino di apprendimento fosse fatto su sentieri sterrati, o fuoristrada, dove è possibile fare una pausa, godere del panorama, conoscere più approfonditamente i luoghi che si stanno attraversando, ci si può fermare per chiedere indicazioni, a differenza delle autostrade, sicure, veloci, semplici, senza molte uscite e curve, però anche più noiose, che ti portano a destinazione senza problemi, ma solo a quelle più vicine. Questo tipo di approccio metodologico pone la curiosità al centro di tutto, ma la curiosità prima di tutto deve essere dell’allenatore. L’altro aspetto formativo è l’incertezza, la quale permette lo sviluppo di nuovi scenari, nuovi a tutti, allenatori e allievi, che può diventare una sorta di modalità di approccio all’apprendimento, e di conseguenza alla vita. Di questa incertezza allenatore e allievi si alimentano, quando si presenta la accolgono con l’entusiasmo che la curiosità normalmente possiede. L’imprevisto permette quindi lo sviluppo della capacità di far emergere interrogativi, e di sostenere gli allievi nelle loro capacità di ricerca. L’imprevisto sorprende educatore e allievi. Molto spesso tutti si sono fermati con troppa sicurezza nelle proprie certezze e idee le quali poi non hanno alcuna possibilità di accoglienza del nuovo, ma questo nuovo nella didattica inevitabilmente spunta continuamente; a volte possiamo prevedere il modo e il momento organizzando e progettando l’inatteso, altre volte dobbiamo aspettarci la sua comparsa e cioè attenderci l’imprevisto. Una volta giunto l’imprevisto, educatore in primis e allievi poi dovranno essere allenati a rivedere le loro teorie e schemi per accoglierlo, piuttosto che farlo entrare con forza nelle proprie idee incapaci di accoglierlo veramente.