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Prima di inoltrarci in questa presentazione, è bene introdurre alcuni concetti e definizioni che verranno utilizzati in seguito.

Iniziamo con il termine “coscienza”, parola che deriva dal latino cum (con) scio (sapere), cioè conoscere o essere consapevoli di qualche cosa, quindi condividere questa conoscenza con qualcuno.

In senso etico, la coscienza è quella capacità che ci permette di distinguere tra il bene e il male, facendoci scegliere il comportamento adatto nelle varie circostanze.

Definiamo ora il termine “consapevolezza”.

In psicologia, il termine consapevolezza indica la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito e delle proprie risposte comportamentali.

Il concetto di consapevolezza è relativo. La consapevolezza può essere individuata in uno stato interno, quale ad esempio una sensazione viscerale, o la percezione sensoriale di eventi esterni. Un caso particolare di consapevolezza è la consapevolezza di sé, o autoconsapevolezza.

Precisato questo, in cosa consiste la base filosofica del metodo di Ethica?

Il nostro metodo ha le sue radici negli antichi filosofi greci, a partire da Eraclito e Parmenide ma soprattutto nella scuola del cinismo e, ancor di più, nello stoicismo.

Per il cinismo la ricerca della felicità è l’unico fine dell’uomo e questa scuola proponeva una presunta modalità di raggiungere la felicità e la libertà in un’epoca piena di sofferenze e incertezze.

Lo stoicismo invece, vede nel dominio sulle passioni, o apatìa, la via che permette allo spirito il raggiungimento della saggezza.

In realtà, lo stoicismo ci indica la grande capacità di riconoscere le emozioni e di saperle gestire. Quello che noi cerchiamo di insegnare, di passare come concetto importante, è la consapevolezza. Partendo dalla consapevolezza possiamo passare alla gestione.

Ma nella scuola stoica c’è anche l’importanza di saper riconoscere l’incertezza, la perdita, la separazione come elementi inevitabili della “Physis”, cioè della natura: nell’accettazione di queste sta la ricerca del benessere e della felicità.

Per gli stoici, la saggezza consiste nella capacità di raggiungere la felicità, ed è per questo incentrata sull’atarassia, o imperturbabilità dell’animo, concetto derivante in gran parte dalla scuola cinica. Ad essa si approda innanzitutto diventando padroni di se stessi. Secondo gli stoici, la volontà del saggio aderisce perfettamente al suo dovere, obbedendo a una forza che non agisce esteriormente su di lui, bensì dall’interno. Egli vuole quel che deve, e deve quel che la sua stessa ragione gli impone.

La filosofia stoica è molto vicina alla filosofia orientale buddista e come dicono tanti buddisti “ogni giorno passato senza ricordarsi della morte, è un giorno perso”. E’ quindi necessario un esercizio continuo di contatto con la separazione, con la perdita, con la morte, come strumento e strada per la consapevolezza per il raggiungimento, perché no, della felicità.

Le basi filosofiche del nostro metodo stanno anche nella filosofia medievale, ma soprattutto, in Spinoza, filosofo olandese del 1600, che in qualche modo aveva rielaborato, ripreso e probabilmente anche contraddetto, le tesi del suo predecessore Cartesio, il quale nella  sua ricerca del motivo, di una causa, di un elemento che potesse darci indicazione che esistiamo, della prova che siamo coscienti di esistere, nonchè nella ricerca della prova dell’esistenza della coscienza, non in senso morale ed etico, ma di consapevolezza di esistere, la trovava nel famoso “cogito ergo sum”.

In verità, Spinoza ribalta un po’questa tesi e nella sua opera magna, “Ethica more geometrico demonstrata”, ripercorre questo tipo di ricerca alla base della coscienza e arriva a parlare non più di “cogito ergo sum” ma di, “sento, ergo sum”, inteso come sono in grado di sentire il mio corpo, e quindi posso essere consapevole di esistere”.

In tale opera Spinoza illustra con gli strumenti e il linguaggio del 1600, come secondo lui funzionano le emozioni, gli affetti, la volontà e le motivazioni, attraverso un’argomentazione estremamente interessante e coinvolgente.

Spinoza contesta l’atteggiamento dei numerosi filosofi che hanno guardato alle emozioni con disprezzo, considerandole una degenerazione della natura razionale dell’uomo; egli argomenta, al contrario, l’assoluta necessità delle passioni (come la necessità di ogni altro fenomeno naturale) e quindi rigetta una loro caratterizzazione come intrinsecamente buone o cattive, sostenendo invece la legittimità di un loro studio scientifico.

Antonio Damasio, uno dei neuroscienziati più importanti dell’attualità, portoghese di nascita che opera negli USA, in uno dei suoi celebri libri “L’errore di Cartesio”, riporta le tesi di Spinoza e le conferma con i suoi studi tramite risonanze magnetiche e TAC di altissimo livello, portando alla luce la verità neuro scientifica, ma anche psichiatrica o neuropsicologica, del fatto che un soggetto si può ritenere cosciente, nel senso non etico e morale ma appunto della consapevolezza di esistere, non nel momento in cui pensa, ma nel momento in cui sente il proprio corpo ed è in grado di dare una lettura a quelle sensazioni tramite le cortecce prefrontali. A questo concetto si rifà tutta la teoria sul marcatore somatico

In questo suo libro, Damasio compie il tentativo di unificare mente, cervello e corpo, sulla base di dati rigorosamente scientifici e, all’interno della critica del dualismo cartesiano, ritorna sull’importanza della figura di Spinoza.

Nel saggio, dimostra come, al contrario di una tradizione culturale che ha sempre svalutato le emozioni perché perturberebbero la serenità della ragione, esse siano alla base del buon funzionamento della mente: se l’uomo perde la capacità emozionale non è in grado di essere ragionevole. Negando la concezione cartesiana del dualismo mente-corpo, due elementi necessariamente scindibili, egli mette in evidenza l’azione reciproca del corpo e del cervello, che costituiscono un organismo unico e indissociabile. La ragione non potrebbe funzionare correttamente senza le emozioni, ovvero senza lo stretto collegamento con il corpo, che offre costantemente la materia di base con cui il cervello costruisce le immagini da cui origina il pensiero.

Secondo Damasio, la coscienza inizia come un sentimento, un tipo particolare di sentimento, ma comunque qualcosa di assimilabile a questo, anche se non completamente sovrapponibile alle altre modalità sensoriali rivolte al mondo esterno. In ogni caso, coscienza ed emozione non sono separabili, poiché la prima è indissolubilmente legata al sentimento del corpo.
Da un punto di vista evolutivo, le emozioni sono risposte fisiologiche che mirano ad ottimizzare le azioni intraprese dall’organismo nel mondo che lo circonda. A sostegno di queste tesi, il neurofisiologo portoghese riporta alcune prove neurologiche che mostrano come certi meccanismi cerebrali siano comuni sia alle emozioni che alla coscienza, giungendo alla conclusione che la coscienza rappresenti fondamentalmente un aspetto ausiliario della nostra dotazione biologica di adattamento all’ambiente.

In conclusione, il metodo Ethica si basa sull’importanza della consapevolezza di sentire il proprio corpo e le proprie emozioni, nel qui ed ora, nel momento presente, così che esse possano poi essere gestite promuovendo quindi un cambiamento.

Questi sono, in forma riassuntiva, i pilastri su cui si basa il nostro sistema psicoterapeutico di formazione e di allenamento.

Sammy Marcantognini (con revisione della dott.ssa Angelica Sorcinelli)